lunedì 20 dicembre 2010

Corbellerie notturne



E' inutile.
Questa domenica non vuole finire.
Sono le 23 e 34, il mio cuore è in subbuglio e il cervello in fiamme.
Cerco la solitudine e vi affogo, come in una marea fantasma che tutti i ricordi porta via con sè.
Se fossi a Milano mi tufferei nella nebbia.
Quasi rimpiango i vetri opachi della mia vecchia casa al primo piano, i suoni ormai familiari della strada, il traballante ondeggiare sulle rotaie del tram semideserto, il lampeggiare delle luci del camion dei rifiuti,  rumore di vetri rotti, di passi svelti sull'asfalto bagnato, un vociare confuso, il brillìo di una sigaretta in lontananza accesa per noia o abitudine.
Ed io che restavo lì in silenzio alla finestra, con i piedi poggiati su grandi mattonelle bianche mentre una musica ben nota lambiva le mie orecchie - quasi sempre il 2° mov del piano concerto di Ravel suonato da Michelangeli o le variazioni Goldberg di Gould, versione tardiva.
Era come trovarsi su di una barca con il fondo trasparente, sperduta nel mare: io potevo vedere ciò che accadeva alle creature negli abissi ma ne ero separata, e soffrivo la solitudine del cosmonauta che abbraccia la terra con un singolo sguardo ma non può toccare chi ama, o chi vorrebbe amare se solo gli fosse concessa un'occasione.
Io sono inchiodata al fondo di quella nave e le vele portano il mio dolore con sè, ovunque il Vento lo desideri, ovunque della mia mano vi sia bisogno, per essere salvati dalla tempesta o dalla fame o dalla solitudine.
Ma ciò che io faccio non è per me. Nulla del mio operato mi appartiene.
Esso è frutto di una Volontà che non riesco a penetrare perchè Essa stessa mi penetra a Suo piacimento lasciandomi all'oscuro di ogni ragione, ed io vivo abbandonata nelle Sue braccia, in un soliloquio perenne verso i miei simili che nessuno può udire, all'infuori di me e della voce del destino.
Su una stella cammino e mi muovo e a chi par di toccarmi per un singolo istante Dio concede l'illusione del possesso, l'ebbrezza della proprietà.
Ma io sono sempre qui e altrove, girandola di vite infinite in cui ciascuna è specchio e prisma della prossima ventura.

Buonanotte.
Almeno, speriamo.
Francesca

2 commenti:

  1. L'immagine della nave sulla quale ti sembra di essere inchiodata nel mezzo della tempesta mi piace molto, ed è assai affine al mio pensiero. Io stesso mi definisco un quasi-naufrago, che si aggrappa alle vele strappate della sua nave per sopravvivere al vento e alle onde impetuose, vagando tra le acque nell'attesa di una riva sicura dove, un giorno, potersi forse fermare, o forse solo sostare, per poi ancora ripartire...

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