Ho inventato questa favola l'altra notte, per fare addormentare qualcuno accanto a me che non riusciva a prendere sonno. Spero vi piacerà. Io mi sono divertita a raccontarla e a sciverla.
Buona lettura!
C'era una volta, in una terra lontana lontana, una foresta incantata e all'interno di questa foresta una casa color ciclamino, abitata da due sposi che trascorrevano in serenità e pace la loro vita. Pur non avendo avuto figli la sorte li aveva benedetti con un Amore grande e il loro reciproco affetto era talmente straordinario che si impresse indelebilmente nell'ambiente a loro circostante e fece accadere un prodigio. Tutti gli oggetti della casa, invasi per anni quotidianamente dall'ardente fiamma dell'Amore, presero vita e divennero cari alla coppia di sposi quasi fossero stati degli esseri umani veri.
Un giorno, quando ormai molte primavere erano trascorse dal giorno dell'incantesimo, la donna divenuta anziana urtò per errore il paralume che le teneva compagnia durante le lunghe ore di lettura. Il paralume cadde e se ne ruppe un pezzetto e nonostante le premurose cure della vecchia signora non fu più possibile ripararlo, così che da quel giorno tutti presero affettuosamente a chiamarlo il "Paralume Sbeccato".
Passarono così lunghi anni e un giorno la coppia di sposi, giunta al termine del proprio cammino, scivolò serena nel sonno eterno dopo aver salutato tutti gli abitanti della casa e aver loro raccomandato di prendersi cura reciprocamente gli uni degli altri e della magione che a loro veniva lasciata in eredità.
Tutti loro furono di parola: per i successivi 150 anni attesero con amore alle faccende domestiche, la Signora Scopa spazzò ogni giorno le stanze e il vialetto, Mr Martello si occupò insieme ai suoi compagni Antiruggine e Messer Chiodo di riparare le falle laddove si presentavano mentre ogni sera Madama Biblioteca teneva alto il morale della truppa raccontando storie sempre nuove ed avviccenti, a volte tristi e a volte divertenti.
Trascorsi 150 anni una mattina un ignoto viaggiatore si fece avanti sul vialetto di casa.
Dopo che ebbe varcato la soglia tutti gli oggetti si resero subito conto che in lui vi era qualcosa che non andava: era ubriaco e i suoi occhi erano rossi, come quelli di un folletto cattivo. In più pendeva dal suo collo uno strano medaglione d'argento, che emetteva riflessi malvagi.
Tutti rimasero silenziosi ed immobili ai propri posti nella speranza che il forestiero, non notando nulla di particolare, se ne andasse da dove era venuto.
Ma - ahimè - accadde qualcosa di imprevisto: l'odore intenso del viaggiatore cominciò a solleticare le narici di Poltrona, su cui lui si era seduto per riposarsi un attimo dalle fatiche del cammino. Il Paralume Sbeccato e i suoi compagni si prodigarono in numerosi cenni di silenzio in direzione di Poltrona, affinchè lei si trattenesse e scongiurasse il pericolo in cui tutti si trovavano.
E proprio quando sembrava che il peggio fosse passato : EEEEEEEETCIUUUUUUUUUUUU'.....
Il boato risuonò con un'eco profonda per l'intera magione silenziosa.
Il forestiero, stordito e spaventato dal rumore inatteso, si alzò in piedi di scatto e afferrato il bastone che portava con sè durante il cammino iniziò a rotearlo d'intorno, fracassando qualsiasi cosa giungesse sulla sua traiettoria.
Il Paralume Sbeccato - uscito di scatto dalla simulata immobilità - gridò : "Fermatelo! Presto! Andate a chiamare Madamigella Ascia e Mr Martello!" A quel grido Signora Scopa sgattaiolò al piano di sopra e chiamò a raccolta i suoi amici che non tardarono a correre in aiuto dei compagni in pericolo: Madamigella Ascia distrasse il viaggiatore impazzito e mentre costui cercava di difendersi dai pericolosi colpi dell'impavida guerriera Mr Martello lo aggirò e da dietro le spalle gli assestò un colpo così forte sulla nuca che ancor oggi il poveretto ne porta il segno.
Il viaggiatore stramazzò al suolo, svenuto, e nella casa fu di nuovo la pace.
Ma gli effetti della lotta non tardarono a manifestarsi: Poltrona aveva fodera e cuscini lacerati, a Tavolo mancavano le due gambe posteriori, Lume a Pendolo era precipitato sul pavimento e i suoi vetri erano andati in frantumi. E tutti gli altri avevano ricevuto la loro razione di danni, chi più chi meno.
Si udivano nel silenzio rattenuti lamenti, come se ognuno degli oggetti non volesse far pesare sugli amici il proprio dolore.
Paralume Sbeccato, che dalla lotta era miracolosamente uscito incolume, pur commosso innanzi allo spettacolo rovinoso che gli si parava innanzi, prese in mano le redini della situazione.
"Scaletta" - disse - "aiutami a portare di sopra questo uomo malvagio. Lo legheremo a Letto il Grande e cercheremo di capire quale disgrazia lo avveleni al punto da indurlo a compiere un gesto tanto malvagio quanto inutile."
Dopo che ebbero fatto ciò che egli aveva richiesto, così che l'uomo ora pareva un salame serrato nel suo budello, Paralume Sbeccato gli si avvicinò, non dovendo temere nuovi attacchi.
Il viaggiatore dormiva profondamente e Paralume riuscì senza sforzo a sfilargli il medaglione dal collo.
Sul retro della cassa erano chiaramente incise delle lettere ma lui non sapeva come decifrarle.
"Signora Scopa, vammi a chiamare Dottor Dizionario. Ho urgente bisogno di lui."
Dottor Dizionario era vecchio, con le pagine tutte ingiallite e doveva portare un paio di occhiali rotondi, data la sua veneranda età.
"Mi cercavi, Paralume?"
"Sì, Dizionario. Dovresti per favore tradurre cosa c'è scritto su questo medaglione. Non ne sono sicuro ma credo che potrebbe essere importante."
E così Dizionario si mise al lavoro. Dopo pochi minuti di febbrile attesa da parte di tutti i suoi amici richiamò l'attenzione su di sè.
"Ho capito, ho capito!" - esultò.
"Parla, Dizionario, cosa hai scoperto?" - lo incoraggiò Paralume.
"E' stato difficile tradurre queste parole oscure ma grazie all'aiuto di Cavalier Sinonimo il lavoro è fatto. La scritta sembra una maledizione e recita così :
"ALL'INCAUTO VIAGGIATORE
CHE RUBO' TUTTO IL MIO ARDORE
IO CONSEGNO UNO STRIDORE
NEL BEL LUOGO DEL SUO CUORE.
S'EGLI IN SE' VORRA' TORNARE
LUNGA VIA DOVRA' AFFRONTARE.
E DEL MARE AI SUOI BEI FLUTTI
IL MIO DONO CONSEGNARE."
Tutti rimasero ammutoliti. La profezia aveva un che di sinistro, effetto amplificato dal fatto che pochi - o meglio - nessuno ne avesse capito il significato.
"Scusami, Dottor Dizionario, ma cosa significa quello che hai letto?" - chiese Paralume Sbeccato.
"E lo chiedi a me? Io sono solo un Dizionario. Io riferisco semplicemente quello che leggo. Se vuoi comprendere - oltre che leggere - dovrai andare da Lei..."
"DA LEI?" risposero in coro all'unisono tutti gli abitanti della casa.
"Sì, da Lei. Non c'è altra soluzione."
Lei era l'oggetto più caro dell'intera proprietà, l'oggetto che la vecchina quando era in vita teneva sotto una teca di vetro affinchè non si rovinasse e ne sfogliava poche pagine all'anno, per impedirne l'usura.
Lei era l'Enciclopedia Universale del Sapere e tutti in casa avevano rispetto e timore delle verità che uscivano dalla Sua bocca. Per questo ormai Ella si era rassegnata a vivere in eremitaggio, sebbene questo non Le facesse piacere, nè La rendesse felice. Ma era il Suo destino e, da saggia qual'era, aveva imparato a rispettarlo con serenità.
Un gruppo di pochi scelti, tra cui vi erano Paralume Sbeccato, Dottor Dizionario e Mr Martello, si avviarono verso la stanza proibita. Entrarono in silenzio e udirono il Suo respiro profondo: dormiva tranquilla dentro la sua solida teca.
Paralume si avvicinò e bussò con gentilezza sul vetro, imbarazzato dal timore di farla trasalire e arrabbiare.
Ma Lei si svegliò tranquilla, un po' sconcertata e anche contenta dell'inaspettata visita.
"Buongiorno, miei cari" - disse con la voce più dolce che mai potrete udire al mondo - "quale lieta novella vi conduce qui?"
"Reverendissima Sovrana, purtroppo non veniamo a Voi con buone notizie ma in cerca di consiglio. Vorreste accordarci il Vostro aiuto nel momento del periglio?"
L'Enciclopedia non sapeva cosa fosse appena accaduto al piano inferiore ma intuiva dagli sguardi spaventati e inquieti dei visitatori che la faccenda andava affrontata senza indugio e con coraggio.
"Sono qui per aiutarvi, miei piccoli amici. Ditemi cosa è accaduto."
Così Paralume Sbeccato le raccontò gli avvenimenti recenti che avevano sconvolto la loro pacifica vita e recitò la profezia, incespicandosi qua e là per l'emozione.
Quando il silenzio tornò nella stanza Lei si era fatta accigliata e triste, ma fu solo un lampo e subito il sorriso tornò a splendere sulle Sue sapienti labbra.
"Da ciò che mi raccontate deduco come il pover'uomo da voi legato nella stanza accanto sia un disgraziato pellegrino finito a chiedere l'elemosina nel castello della maga Baldrun. Ella, sola e senza amici per via del suo brutto carattere, deve aver costretto il viaggiatore a rimanere presso di lei per godere della sua compagnia, regalandogli il medaglione che voi avete visto al suo collo, come pegno della sua amicizia. Tuttavia nel lasso di tempo in cui ha goduto della sua presenza dopo tanti anni di solitudine ella deve esssersi invaghita dell'incauto forestiero il quale però sconvolto a causa della sua bruttezza e malvagità, sarà probabilmente fuggito nella notte, senza lasciare tracce dietro di sè. Quando la maga al mattino si è accorta della sua fuga, una tale rabbia e frustrazione deve averla colta da indurla a lanciare nei suoi riguardi una maledizione talmente potente da imprimersi a fuoco come un marchio sul fondo del medaglione. Avendo probabilmente saputo durante il suo soggiorno al castello che il poveretto non era mai stato in riva al mare nè contava andarci per un qualche superstizioso timore, la strega lo vincolò alla profezia che avete letto, instillando il veleno nel buon cuore del malcapitato che ha avuto come unico difetto quello di essere stato poco accorto nella scelta delle amicizie. Ma si sa, quando Necessità chiama, il Buon Senso spesso fugge via."
"E cosa possiamo fare noi per aiutare il malcapitato?" chiese con ardore il Paralume Sbeccato.
"Dovrete recarvi in riva al mare e gettare il medaglione tra le sue onde. Solo questo scioglierà il pellegrino dalla maledizione che altrimenti lo vincolerà in eterno alla vecchia strega."
Un silenzio tombale scese nella stanza.
Nessuno di loro era mai uscito da quella casa, nessuno aveva affrontato il mondo intorno e tutti avevano paura di non fare più ritorno, di spegnersi lungo la via o di perdere la strada di casa. Tutti tenevano gli occhi bassi, imbarazzati dalla loro pur scusabile pavidità. Finchè...
"ANDRO' IO!".
Tutte le teste si girarono in direzione di chi aveva osato pronunciare le fatidiche parole.
Il Paralume Sbeccato stava con la testa alta e avevo nello sguardo una scintilla fiera : "Andrò io e salverò lui e noi da questo terribile pericolo. Solo che non sono in grado di arrivare a questo mare senza una guida. Come farò? La mia impresa rischia di fallire ancora prima di cominciare."
"No, se io verrò con te."
Dal fondo della sala una voce baritonale tuonò in direzione di Paralume Sbeccato. Era Atlante, il libro tanto amato dal vecchio proprietario, tenuto sul comodino e sfogliato ogni sera, mentre con la fantasia lo scomparso padrone volava verso terre fantastiche che mai avrebbe veduto, se non attraverso gli occhi del desiderio.
"Bene" - proruppe Lei - "E' deciso. Ma dovrete partire subito. Non a lungo potremo tenere il prigioniero legato e quando egli si sveglierà, la forza straordinaria che la maledizione gli ha conferito sarà un pericolo grande per tutti noi. Andate, presto. Che la Saggezza e il Coraggio vi accompagnino lungo il sentiero."
Così Atlante e Paralume Sbeccato partirono alla volta della costa. Molti pericoli dovettero attraversare prima di giungere a destinazione e molte volte la loro determinazione fu messa alla prova ma per fortuna dei loro amici i nostri eroi non cedettero mai alla paura e seguitarono a percorrere la strada che il Destino aveva preparato per loro.
Dopo 3 giorni di ininterrotto cammino i due arrivarono alle pendici di un'alta scogliera. Stupiti dalla bellezza inimmaginabile che si stagliava innanzi a loro, rimasero immobili e muti per parecchi istanti finchè Atlante disse: "Siamo giunti alla meta. Ora è compito tuo. Puoi farcela, Paralume Sbeccato. Io sarò qui, subito dietro di te."
Così il Paralume Sbeccato si fece avanti, mise il piedistallo proprio sull'orlo dell'abisso e con tutta la forza che aveva in corpo scagliò in mare il medaglione maledetto.
Appena ebbe toccato l'acqua dal medaglione uscì una luce oscura che andò sempre più delineandosi nella forma ossuta della vecchia megera. Con i suoi occhi rossi e la bocca distorta dalla rabbia puntò lo sguardo malefico sul nostro piccolo eroe e gridò :"Tu, tu hai osato farti beffe di me, spezzando la maledizione del viaggiatore. Ora dovrai soffrire al posto suo, ma cento mille volte di più! Io ti troverò, ovunque ti nasconderai, e ti ucciderò con le mie stesse mani!"
E la visione scomparve.
I due amici, affranti e sollevati al contempo, si abbracciarono forte e si riavviarono verso casa, con il cuore gonfio di gioia e tristezza insieme.
Quando dopo altri 3 giorni di cammino ritornarono a casa però una lieta visione apparve innanzi ai loro occhi: la magione pareva rifiorita, lo steccato era stato riparato, la siepe incolta era stata tagliata e un profumo di gelsomino fresco s'espandeva tutto intorno. E quale stupore li colse una volta varcata la soglia! Ogni oggetto che nella lotta aveva ricevuto danni era stato riparato tanto bene da sembrare nuovo e tutti sorridevano felici.
Quando i compagni si accorsero della loro presenza in casa esplosero in un grido di giubilo : "Urrà per i nostri salvatori! Urrà per i nostri buoni amici!"
Ma presto il loro riso si spense perchè il viso di Paralume Sbeccato e Atlante tradiva una preoccupazione sconosciuta. Si sedettero intorno a loro e li pregarono di riferire cosa fosse accaduto. Così Atlante, mentre Paralume restava con la testa china, raccontò cosa avevano vissuto in quella avventura, come avessero distrutto il medaglione e della nuova promessa di sventura da parte della vetusta megera.
Già il silenzio si faceva greve di tristezza quando apparve d'un tratto la figura del viaggiatore: sembrava più giovane e snello di quando l'avevano veduto la prima volta e aveva in viso due occhi buoni tanto da essere difficile paragonarlo al pellegrino giunto solo qualche giorno prima nella loro dimora. Il forestiero si fece avanti e disse : "Ho sentito il vostro racconto. A voi io debbo la mia vita e la mia rinnovata libertà. Così come ho sistemato i danni compiuti dalle mie incontrollate mani, sistemerò anche questa faccenda. Ve lo prometto. Vieni, Paralume Sbeccato. Non avere paura. Vieni con me."
Paralume Sbeccato, incoraggiato dall'aura di bontà che si espandeva dal pellegrino, si allontanò con lui e per qualche ora nessuno li vide, nè ebbe loro notizie.
Quando arrivò sera finalmente un rumore giunse dall'alto delle scale. I due amici ridevano lieti scendendo gli scalini baldanzosi. Eppure c'era qualcosa di strano in Paralume Sbeccato, qualcosa che gli amici non riuscirono subito a cogliere.
Ma certo! Non era più Sbeccato! Il suo danno di tanti anni prima era stato riparato dalle sapienti mani del ramingo artigiano.
Quale miracolo! La felicità di tutti era alle stelle. Per l'intera serata, fino a notte fonda, la casa fu un'esplosione di risa, di gioia, di allegria. Persino Lei uscì dalla Sua teca e si unì alla festa per celebrare la fine di quella brutta avventura.
La mattina, mentre ancora tutti dormivano dopo i festeggiamenti notturni, una vecchia sdentata dal malefico ghigno entrò di soppiatto nella casa e cercò e cercò, al pianoterra, in soffitta, in cantina, frugò fra gli oggetti impolverati fino a scorticarsi tutte le dita, ma invano.
Infine, scornata, uscì dalla casa e dal viottolo Paralume Riparato e i suoi amici la udirono imprecare : "Ma ti troverò, sì, ti troverò, Paralume Sbeccato! Non mi darò pace finchè non ti avrò distrutto e mi sarò vendicata del tuo insulso buon cuore!"
Tutti risero a crepapelle insieme al viaggiatore che era uscito dal suo nascondiglio e cantando a squarciagola la loro felicità decisero di non separarsi mai più.
E vissero tutti felici e contenti per altri 150 anni nella foresta incantata.