venerdì 12 ottobre 2012

Come una lama nel burro



E' destino che in questo periodo io debba venire a contatto con libri a dir poco sconvolgenti, per la nostra comune visione della vita, di quella che siamo abituati a chiamare "storia" e dell'umanità in genere.
L'ultimo fra questi - letto in serata mentre mi contorcevo stile nonna Abelarda per i dolori di una periartrite al braccio sinistro - è "L'industria dell'Olocausto - Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei", di Norman G. Finkelstein.
L'analisi di Finkelstein non concede spazio a dubbi su coloro che da anni sfruttano il dolore derivato dall'Olocausto nazista a proprio uso e consumo. I dati e le cifre riportati rigidamente parlano chiaro.
E parlano da sole. Senza bisogno di aggiungere nessun commento.
Non c'è margine per alcuna "scusante". 
Spiegare in definitiva di cosa esso tratti è assai difficile in dettaglio (nonché inutile, dato che si può accedere al testo originale tranquillamente su www.ibs.it), quindi ne consiglio fervidamente la lettura.
Tengo a precisare che l'autore non è un antisemita essendo lui stesso ebreo, nonché figlio di una donna sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz.
Il libro è diventato agli inizi anni 2000 un best seller in Francia, Germania, Belgio e Olanda.
Inutile dire che l'Italia - filoamericana e filosionista - è stata esclusa a priori da questa lista.

Anni fa scrissi una poesia sulla tragedia umana dell'Olocausto nazista.
Mi sentivo talmente partecipe a quel dolore che - per empatia - avrei voluto farmi ebrea.
Quindi - se qualcuno avrà da obiettare su questo argomento - non mi dia per favore dell'antisemita.
Perchè così non è.
All'interno di questo libro magnifico viene inoltre spiegato perchè sembri ormai impossibile esprimere un'opinione POLITICA contro lo stato di Israele o contro l'élite ebraica americana senza essere etichettati di antisemitismo.
Secondo questa tecnica abilmente costruita a tavolino, anche l'antiberlusconismo dovrebbe essere punito per legge come crimine contro l'umanità.
La frase simbolo di tutto il testo?
Forse quella che chiude l'edizione del 2000: "La sfida di oggi è di ristabilire l'Olocausto nazista come un oggetto di indagine razionale. Soltanto allora potremo davvero trarre lezione da esso.
La sua anormalità non nasce dall'evento in sè, ma dallo sfruttamento industriale che ne è stato fatto. L'industria dell'Olocausto è sempre stata fallimentare. Resta solo da ammetterlo apertamente. Ed è da molto tempo che va liquidata. Il gesto più nobile nei confronti di coloro che sono morti è serbarne il ricordo, imparare dalla loro sofferenza e, finalmente, lasciarli riposare in pace."

Amen.
Francesca

PS: se dopo la pubblicazione dell'articolo sul gruppo Bilderberg sono stata tempestata di telefonate e mail da un mezzo sconosciuto filosionista, figuriamoci oggi cosa capiterà! :0)

PSbis: ecco il link alla recensione del libro su IBS:
           http://www.ibs.it/code/9788817000666/finkelstein-norman-g/industria-dell-olocausto.html

3 commenti:

  1. ...tu non puoi saperlo (ma qui è chiaro che un filo sottile, epperò lungo e tenace ti unisce) ma è stato l'olocausto e la campagna antiebraica sulla stampa non nazista ma fascista (...ma sempre lì siamo) l'oggetto, tanti sec..em..anni fa, della mia tesi di laurea.

    un autentico choc, un pugno in petto quotidiano il reperire l'indescrivibile, traumatizzante materiale fotografico e lo sbobinare le vecchie edizioni pilotate de La Stampa e della Gazzetta del Popolo...

    Perciò io sottoscrivo tutto ed aggiungo che non solo non ci si devono far remore, a ricordare e a condannare, ma al contrario un pezzo così autentico e sofferto ti fa onore e riconferma, se mai ce ne fosse bisogno (mai, appunto) la bella, bellissima persona che sei.

    tua amica orgogliosa di esserlo
    (dopo stasera anche di più)
    kiara

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  2. Non so perchè ma non riesco a risponderti!
    Boh!

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  3. ...??? intoppi telematici? o semplicemente quel che c'era da dire l'hai già detto e molto bene, ad occhio e croce:)

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