Pensavate che in Giappone non si potesse far altro che bere the verde e praticare la meditazione zazen?
Ebbene, lo pensavo anche io.
MA MI SBAGLIAVO DI GROSSO.
E stasera ne ho avuto una più che degna dimostrazione.
Con l'intero gruppo di musicanti pazzi stasera - dopo il secondo concerto made in Japan - siamo andati alla ricerca di un sushi bar nel centro di Kyoto.
Già spostarsi dall'albergo è stata un'impresa: la cartina delle linee metropolitane somigliava più ad una mappa del tesoro azteco che ad una normale illustrazione a muro del percorso dei treni. Risultato: 40 minuti per capire in quale direzione dovessimo andare, quale metro dovessimo prendere, in quale punto dovessimo cambiare treno e come si acquistasse il biglietto (che anche quello sembra facile, ma con ideogrammi giapponesi ovunque vi sfido io.....).
Sorpassato il primo ostacolo con l'aiuto di un autoctono che in una specie di inglese nipponico ci ha aiutati mosso da pietade indicandoci con il dito la linea da seguire, saliamo sulla prima metro per percorrere la folle distanza di ben 2 fermate.
Una volta scesi avremmo dovuto prendere il secondo treno.
Ma dato che nessuno riusciva a capire come, quando, perchè e di che colore fosse la linea incriminata ci siamo arresi, decidendo di percorrere la strada restante a piedi.
Unico problema: il freddo mortale delle strade in superficie nonché la distanza da coprire che - misurata a suon di rotaie - sembrava tutta un'altra storia.
Risultato: visualizzate un branco di famelici yeti che si aggira tra le vie cittadine alla ricerca disperata di un posto dove nutrirsi mentre con sciarpe, cappelli e cappotti si copre qualunque parte non sia ancora sotterrata da strati di lana e affini e avrete un'idea VAGA della situazione.
Dopo non so quanta strada (ed io stasera per l'occasione avevo messo i tacchi, ovviamente!!!) arriviamo nella "zona calda" dei sushi bar. E ci mettiamo a scorrazzare per le vie alla ricerca di un posticino grande abbastanza da contenerci tutti ed economico quanto basta per farci rimanere in tasca i soldi sufficienti per il resto della tournée.
Dopo circa un'ora di pellegrinaggio eravamo al punto di partenza e io sapevo - come so sempre certe cose con lauto e glorioso anticipo - che stasera non saremmo potuti scampare al Mc Donald di turno.
La compagnia dell'anello a questo punto della vicenda si divide per la prima volta: tre di noi decidono senza maggior indugio di dirigersi verso i Mc Nuggets fumanti situati proprio sul marciapiede di fronte mentre il restante gruppo prosegue imperterrito nella ricerca di un ristorante.
Ci si rincontra un'ora dopo, sempre nel mezzo della strada che nel frattempo è diventata una specie di ghiacciaia a cielo aperto.
Inizio a maledire i fuseaux di cotone che ho indossato prima di uscire e continuo a stramaledire gli stivali col tacco che ormai assomigliano ad una vera tortura cinese.
Ma ormai sono in ballo e mi tocca ballare.
Riunito il gruppo si pone il secondo sacro dilemma della serata: chi torna in albergo? E chi resta per il bicchiere della staffa? "Ognun per sé e Dio per tutti".
Personalmente decido di unirmi al gruppo degli uomini (unica donna tra 7 maschioni) e dopo breve consultazione ritorniamo sui passi già percorsi in precedenza, questa volta alla ricerca di un Pub.
Il primo che troviamo è "sarado": a mezzanotte qui durante la settimana quasi tutti chiudono bottega.
Il secondo che scoviamo aperto appartiene ad un brasiliano.
E qui parte la leggenda.
Noi seduti ad un tavolo che trangugiamo birra discorrendo di argomenti ameni di cui vi risparmio ogni dettaglio e poi... un lui indefinito - ma sicuramente non etero - e una lei russa - e di facili costumi - che si siedono di prepotenza accanto ad uno dei nostri compagni. Lei guarda ogni uomo seduto al tavolo con una cupidigia famelica, quasi fosse un vampiro che non tocca una goccia di sangue da una settimana. Lui fa lo stesso, ma con occhi più melliflui.
L'essere più fortunato al tavolo?
Ma io, ovviamente: nessuno attentava alla mia virtù e nel frattempo potevo ribaltarmi sul tavolo dalle risate guardando cosa stesse accadendo intorno a me.
L'apice della serata è stato toccato - o almeno così pensavo - quando l'ambigua coppia si è fatta recapitare sul nostro tavolo un narghilè e ha cominciato ad allungare le mani sulle cosce dei malcapitati a loro più prossimi.
Di scatto c'è stato un appello silenzioso generale e siamo balzati tutti in piedi con una repentina mossa felina: io totalmente vinta dall'incredulità che a momenti non riuscivo a reggermi in piedi dalle risate e i miei commensali che si dirigevano lesti verso l'uscita, mentre la russa mandava baci e abbracci a tutti avvolta da una camicetta sexy semi trasparente stile Bridget Jones.
Arrivati sulla strada principale, la compagnia si divide di nuovo: alcuni dei più coraggiosi decidono di rimanere in città per il secondo bicchiere della staffa. Ma 5 di noi hanno già programmato di tornare in albergo.
Ora, trovare un taxi a Kyoto che porti 5 persone già non è facile.
Ma trovare un taxi che porti 5 persone fra cui ce ne sono 2 di stazza considerevole è quasi miracoloso.
Ebbene, baciati dalla Dea bendata, troviamo il nostro miracolo: un taxi con 2 posti davanti e 3 dietro.
Ma secondo voi, chi sale davanti?
I più magrolini del gruppo o i due cerberi di cui si parlava sopra?
Ma ovviamente i due bestioni! Che a momenti non riuscivano nemmeno a chiudere la portiera e temevano ad ogni curva di essere scaraventati sull'asfalto come palle da biliardo.
Con noi dietro che - a momenti - finivamo in ospedale per coliche da risata prolungata.
Senza considerare il fatto che sembravamo viaggiare sulla Puff-mobile, dato che il malcapitato autista giapponese sarà stato alto un metro e 40 scarso e la sua testa arrivava sì e no all'altezza delle spalle del nostro violinista gladiatore.
In alcuni momenti mi è passata davanti tutta la vita e ho seriamente pensato che non ce l'avrei fatta a sopravvivere. Sembrava di essere finiti in un film di Mel Brooks.
Roba da far attorcigliare le budella.
E invece eccomi qui.
Dopo una serata "very very" giapponese e una stanchezza atavica nelle ossa.
Vado a dormire.
Anche se dubito seriamente che riuscirò a prendere sonno dopo un'avventura del genere!
Buonanotte a tutti.
E una raccomandazione: se vi venisse mai l'idea di venire Kyoto, evitate i pub brasiliani.
Potreste fare bruttissimi incontri!
:0)
Francesca