martedì 23 agosto 2011

Pollicino



E' inevitabile.
Quando arrivi ad una certa età ti rendi conto che le tue priorità rispetto ad un tempo sono cambiate, che guardi il mondo con occhi differenti, che le stesse cose che prima ti facevano sognare o impaurire ora ti sono del tutto indifferenti, che non credi più a molto perchè sei stata smentita quasi su tutto, che il "volo planare" dell'anima non ha più senso se è riferito a condizioni che un istante più tardi possono non verificarsi più.
La maturità toglie la sventatezza, dicono.
A me ha tolto il coraggio di osare, di continuare a sentire quella spinta creativa bruciante che ti vuol fare arrivare all'obiettivo a tutti i costi. 
Forse perchè alla fin fine l'obiettivo non era poi così importante?
O perchè dopo aver fallito una vita intera ho il sacrosanto diritto di essere stanca di provare?
Ebbene sì, sono stanca. 
Stanca di confrontarmi con un mondo che è il contrario di come da sempre lo avevo immaginato, stanca di dover lottare ogni giorno per conquistare un ruolo che molti altri possiedono per diritto di nascita o per destino favorevole o per regole non scritte di una mafia sotterranea.
Sono stanca di non centrare mai un obbiettivo e dover ricominciare da capo, in tutte le mille attività della mia vita. Sono stanca di dovermi rialzare con le ginocchia rotte e camminare claudicando mentre altri siedono nelle loro lussuose automobili e guardano il mondo con lo sprezzo di chi non sa nulla.
Sono stanca.
Sarà per questo che cucinare mi rende felice e mi dà soddisfazione.
In cucina non è questione di presunti meriti o di pubblicità. 
Non è questione di "gusti", anche se la cosa in un simile contesto può sembrare un'assurdità, ma solo di Amore.
La capacità di un cuoco è oggettiva: una torta o è riuscita o no, un soufflè o monta oppure è una schifezza, una Bourguignone o è squisita  o niente.
Questo mi conforta della cucina: non si può barare. 
L'oggettività del suo parametro di valutazione mi regala un po' di gioia e fiducia.
Poi a ciascuno le sue preferenze, è ovvio. Ma questa è un'altra storia.
Perchè qualcuno dovrebbe dichiarare di odiare la pizza quando la ama?
O di adorare gli spaghetti al gratin quando li detesta?
Il resto del mondo invece va così. Si dice di amare ciò che si odia e viceversa. Per calcolo, per sopravvivenza, per interesse, per convenienza, per abitudine.
E chi si comporta diversamente può lentamente morire nel suo brodo.
Ed io sapete cosa farò allora?
Utilizzerò il brodo per un gran risotto.
Il MONDO non mi interessa davvero più. E' troppo grande, troppo complicato e troppo marchettaro per me.
Io mi accontento di far felici 2 o 3 persone nel mio piccolo ma significativo universo quotidiano.
Ed è più che sufficiente.

Francesca

Nessun commento:

Posta un commento