lunedì 29 agosto 2011

Confessione



E così, dopo decenni di tentennamenti, di domande andate a vuoto, di dubbi, di difficoltà insormontabili, di circuiti chiusi e rotatorie infinite, mi sono finalmente decisa a cambiare vita.
La verità è che sono stanca, troppo stanca per continuare ad alimentare il gioco al massacro di un ambiente tanto malsano qual'è quello musicale.
Conosco persone che sono nate per un simile spettacolo. 
La maggior parte direi.
Con l'animo doppio, triplo, a volte quadruplo, votate all'ambizione cieca e al narcisismo più sfegatato, disposte alle bassezze più indicibili sempre col sorriso sulle labbra, capaci di vendersi e di vendere senza provare rimorso 
in nome del dio "Applauso", che è il corruttore più blasfemo e subdolo di ogni tempo.
Voglio scendere dalla giostra.
Qualcuno mi giudicherà folle o priva di senno.
Qualcuno griderà allo spreco di talento, risorse e investimento di tempo e denaro.
Qualcun altro sarà contento, perchè sarà convinto del mio fallimento e ne gioirà.
In realtà questo è stato lo scoglio più duro da affrontare prima di prendere questa decisione: essere certa di non essere spinta in avanti solo dall'insoddisfazione ma per reali necessità interiori di trovare un mondo più consono alla mia sensibilità.
Lo spettro del fallimento, per chi come noi viene nutrito fin dall'infanzia con l'idea che "se non arrivi primo, allora sei una merda", è un fantasma assai temibile da affrontare. Un po' come quando Luke Skywalker si reca nella grotta sul pianeta di Joda per combattere le proprie paure e si ritrova a lottare contro la propria stessa immagine.
In assoluto l'aspetto peggiore di tutta la faccenda è confrontarsi con l'idea inoculata come un virus per cui tu non esisti per te stesso, ma "esisti in quanto fai". 
Quindi se non fai, non sei.
Mi sono sempre trovata male a contatto con questa filosofia. Forse perchè dentro ne abbracciavo un'altra, più consona alla mia persona, ovvero: "Cogito ergo sum".
Quindi per anni mi sono ritrovata coinvolta in un conflitto a fuoco all'interno del mio spirito tra volontà reale e volontà immaginata. Ossia tra quello che che credevo di volere e quello che volevo in realtà.
Sembra facile scindere le due realtà. Ma così non è.
L'essere umano è assai complesso e arguto soprattutto se deve argomentare contro se stesso.
Quindi le ragioni per cui continuavo sulla stessa strada erano in realtà ragioni convincenti da un punto di vista razionale. Ma lo erano per me, per quello che di più intimo esisteva nella mia aspirazione?
La risposta è no. 
Seccamente, senza mezzi termini.
Ci sono voluti anni, esperienza e coraggio per giungere a questa conclusione.
Questo non significa affatto che io non ami la musica. Tutt'altro.
Significa forse che la amo troppo, che non sono disposta a sacrificare la sua - e mia - dignità sull'altare del "successo" e del prezzo che si deve pagare al giorno d'oggi per raggiungerlo.
Non credo ne valga la pena. Perchè in qualche modo significherebbe scendere a compromessi che ne altererebbero per sempre la sostanza e il valore.
Intendiamoci, questo non vuol dir certo che tale regola valga per la vita di tutti. Ogni vicenda fa storia a sè.
Ma di certo vale per la mia.

Sembrerà strano ma sono serena.
Mi sono persino passate le emicranie continue.
Tra poco tornerò sui banchi di scuola a fare quello che amo al di là di tutto più di ogni altra cosa: imparare.
E poi "Che sarà, sarà...."

Francesca





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