Qual'è il limite di tristezza sostenibile che un essere umano è legittimato a provare di fronte ad avvenimenti di poco conto che però in qualche modo colpiscono il suo amor proprio, la stima che ha di se stesso e il riflesso che egli si illude di portare in giro per il mondo?
Oggi mi sento defraudata del mio istinto benevolo nei confronti del mio prossimo.
So che mi passerà presto, ma intanto languo in questo stadio psichedelico a metà tra la sonnolenza depressa e l'esaltazione da mistico abbandono.
Sentirsi rifiutati è una brutta sensazione, in qualsiasi campo e frangente.
Certo, esistono scale di valori che in qualche modo regolano le opportune reazioni ad ogni singolo caso, ma in fine sono poi così attendibili? E noi siamo davvero così capaci di applicarle doviziosamente alla nostra esperienza?
Ne dubito.
Vorrei di tanto in tanto essere una piattaforma che galleggia senza peso sul mare degli eventi, ma tale leggerezza non mi è stata fornita dal destino.
Quindi accuso il colpo e vado avanti.
Ho imparato bene come proseguire sul mio cammino, pur con le ossa rotte.
Solo che non vorrei essere sempre costretta a fare appello alle mie risorse.
Ma che fare? Ciascuno è ciò che è sempre stato.
Quindi oggi ascolterò per l'ennesima volta l'amato Debussy, preparerò una cena per due e taglierò il mio cuore come sono ormai solita fare.
I gatti hanno nove vite, almeno così dicono.
Io credo di avere almeno 120 cuori, parafrasando Wall-E.
Almeno non sto a turbarmi troppo quando se ne inceppa uno!
O trova il modo prima o dopo di far ripartire i suoi pistoni o viene sostituito.
Solo così si spiega come ancora possa battere nel mio petto.
Un grande abbraccio
Francesca
:'-( Fatti forza. Sei una Forte!
RispondiEliminaCara Giulia,
RispondiEliminaresisto!
Di secondo nome faccio "Ispanico"!!!!!
Ihihihih!!!!!
Francesca