sabato 29 gennaio 2011

L'epifania di Mrs Dalloway


Mucha - Dance (1898)

Amo senza riserve la scrittura di Virginia Woolf, pur non condividendola.
Non riuscirei mai a far scorrere  i ragionamenti da un soggetto a quello subito seguente con la fluidità che la contraddistingue. Ne proverei un senso di disagio, di vacuità, quasi mi fossi persa all'interno del mio stesso scritto.
E questa - in effetti - è la sensazione che predomina pur durante la lettura.
Ci si vorrebbe disperatamente aggrappare ad un qualsiasi appiglio - la chiusa di un capitolo, un numero scritto ineluttabilmente ad inizio pagina - mentre invece si è costretti a vagare come una nave tra i marosi, sballottati dalla corrente.
Virginia è come l'oceano: ti conduce ove desidera secondo il suo ritmo e la sua implacabile volontà.
E opporre resistenza in simili condizioni risulta sempre vano, come tentare d'issare una vela durante una tempesta.
Ci si deve piuttosto abbandonare al flusso, pregare di essere risparmiati dalla furia del vento e di aver salva la vita.
Nulla più.
In tutto ciò si avverte come una musica in sottofondo la sua folle ammirazione per l'opera di Proust. E la sua scrittura, il suo fraseggiare continuo fatto di contrappunti linguistici superbamente costruiti e concatenati l'uno all'altro è un evidente omaggio all'autore della Recherche, quasi un'offerta palpitante da parte di una donna segretamente innamorata di un mentore lontano, inconoscibile, irraggiungibile.
A proposito del Tempo Perduto ella scrive nel medesimo anno (1925) in cui stende Mrs Dalloway :
"La mente di Proust è aperta con la comprensione di un poeta e il distacco di uno scienziato a tutto quanto essa ha il potere di sentire. La direzione o l'enfasi, il sentirsi dire che questo è giusto, il sentirsi dare nel gomito e ordinare di badare a quest'altro, cadrebbero come un'ombra su questa intensa luminosità e ce ne escluderebbe qualche porzione dalla vista. Il materiale comune del libro è fatto di questa profonda riserva di percezioni. E' da queste profondità che i suoi personaggi sorgono, come onde in formazione, e quindi si rompono e riaffondano nel mai immobile mare di pensiero e commento e analisi che ha dato loro i natali."

In Mrs Dalloway la Woolf riesce ad alternare, come una marea lunatica, costrutti e sensazioni, oggettività e follia, precipitando il lettore da uno stato all'altro senza che questi abbia nè il tempo per accorgersene nè modo di ritrarsi per guardare, osservare dall'alto - imparziale - ciò che accade ai personaggi coinvolti nella vicenda. E' come se colui che legge fosse trattato alla stregua di qualsiasi carattere descritto all'interno del romanzo stesso e fosse immerso nel medesimo pantano, presenza invisibile eppur indispensabile al motore degli eventi. Quasi che il suo osservare, il suo vivere la storia ne influenzasse il corso, inesorabilmente.
Una delle scene che in tal senso mi ha colpito maggiormente è stata quella del suicidio del giovane Septimius.
Virginia scrive:
"Era solo, con la credenza e le banane. Era solo, esposto alle intemperie, su quella brutta altura, lungo disteso..."
E' vero, in quel mentre Septimius resta solo nella stanza mentre la moglie corre incontro al dottore, ma invero pare che la sua coscienza sappia che qualcuno lo sta osservando nella sua solitudine o che questo fosse in effetti il suo estremo desiderio. E come un attore consumato che recita il suo bravo soliloquio davanti al pubblico decide il modo più eloquente e al contempo meno squallido per uscire di scena, rimarcando alla platea che "La vita è bella. Il sole riscalda. Ma gli esseri umani..."
Qui è Virginia che parla, indubbiamente. Septimius è solo un tramite, un portavoce anche goffo, a ben vedere. Ma lei è scaltra, acuminata, disperatamente intrisa del malessere del suo personaggio e per questo dura quanto basta per farci sentire inadeguati alle sue altezze e al suo dolore: "Non appena cadi la natura umana ti salta addosso."
Ma dato che Virginia poteva godere non di una ma di molte personalità al contempo - come la maggior parte di coloro che soffrivano dei suoi disturbi - poche pagine prima la ammiriamo mentre, strenuamente inabissata nella coscienza di un personaggio del tutto diverso, ci offre una densa e partecipata descrizione della ricchezza d'animo umana, con la quale vi auguro la buonanotte:
"Tali sono codeste visioni che incessantemente affiorano, camminano accanto, si pongono di fronte alla realta'; spesso sopraffacendo il viandante solitario e privandolo del senso della terra, togliendogli la voglia di tornare, donandogli in cambio una pace assoluta, come se tutta questa febbre di vita fosse la semplicita' in persona; e miriadi di cose si fondessero in una; e quella figura spettrale, fatta di cielo e rami, fosse sorta dal mare in tempesta come una figura puo' sorgere dai flutti per lasciar piovere, dalle proprie magnifiche mani, compassione, comprensione, assoluzione."
Francesca

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