venerdì 14 settembre 2012

Ballatoio



Quando decidi - o qualcuno decide per te, in taluni casi - che il tuo destino sarà la musica non metti in previsione che questo cambierà per sempre la tua vita.
E non in senso orrendamente e banalmente "artistico" - parola super abusata di questi tempi che terrei ad utilizzare con un po' di cautela.
Intendo più in una direzione pratica-esistenziale.
Ossia....
Quando entri in Conservatorio (e intendo uno QUALUNQUE) non sei preparato, perchè hai solo 10 anni, all'idea che da quel momento in poi tutta la tua esistenza sarà interamente basata sul giudizio ALTRUI nei tuoi riguardi: come suoni, che prospettive hai, se sarai il pianista o il violoncellista più famoso al mondo o lo sfigato che si sentirà una merdina per il resto della sua misera vita di "uno qualunque".
Perchè ammettiamolo: questo è il concetto di musica in ogni istituzione italiana ormai. 
Essere il più bravo. Essere il migliore. Essere quello che vaga per i corridoi sapendo di suscitare l'invidia dei compagni - perchè quasi mai si parla di ammirazione - e il rispetto un po' retrò di insegnanti frustrati, chi più chi meno.
Questa idea del giudizio suppura talmente tanto all'interno dell'anima che diventa uno status quo a livello generale. Una regola aurea applicabile a qualsiasi lato della propria esistenza, non solo quello musicale-professionale.
Diventa una gara perpetua contro tutti - ovvero contro se stessi.
Ci si abitua ad essere condannati al giudizio altrui con delicatezza.
Si scivola nell'oblìo di sè come fa una pallina su un piano inclinato: lentamente ed inesorabilmente.
E alla fine, quando i giochi sono ormai fatti, sia tu un "vincente" o un "perdente" in questa corsa folle verso l'abisso, ti accorgi che di fatto non sei più tu a gestire la tua vita, non lo sei mai stato, perchè nemmeno sai chi sei o cosa davvero avresti voluto essere. 

Che cosa abbia a che vedere tutto questo con l'arte un giorno forse qualcuno me lo spiegherà.
Io penso nulla. 
Ma questo - tuttavia - rimane un mio pensiero.

Così come rimane un mio pensiero - anche pratico - vivere la musica in un modo totalmente differente, con scopi differenti, per motivazioni differenti.
L'arte in tempi ormai remoti aveva il ruolo fondamentale nella società di far pensare, di indurre riflessioni nel pubblico, di esorcizzare paure, di rappresentare misteri, di farsi portavoce di un suono dell'anima che ai più era impossibile riprodurre ma che era concesso loro di udire tramite le parole o la musica di un altro.
L'arte era una produzione "simpatica" - dal greco sympatheia - che faceva entrare in risonanza i cuori di chi stava sopra al palcoscenico con quelli di chi stava seduto in platea. 
Con lo scopo di comunicarsi l'incomunicabile. 

Il concerto più emozionante a cui abbia mai assistito - lo ricordo come fosse oggi - ha avuto luogo in una chiesa tedesca di un paesino sperduto nel nord Europa. 
Si era sotto Natale. I banchi erano illuminati tutti da una candela. Nessuna luce artificiale accesa. 
Il pubblico prese posto in silenzio. L'organo cominciò a suonare. Il programma non lo ricordo esattamente - son passati quasi due decenni da allora - ma sono certa che Bach la facesse da padrone. 
Il suono dell'organo faceva danzare i pensieri nel silenzio quasi irreale della chiesa. 
In quell'attimo sublime di comunicazione tra gli ascoltatori e l'artista invisibile mi sentii sbalzare fuori dal tempo e dallo spazio. E provai quel senso immenso di gratitudine che si avverte ad essere vivi.
Quando l'organista smise di suonare non ci furono applausi, nessuno emise un fiato.
La gente semplicemente rimase seduta in contemplazione qualche minuto ancora.
E poi si alzò per uscire nel buio della notte gelida.
Non c'era bisogno di aggiungere altro.
Come si ringrazia qualcuno per averti fatto abbracciare Dio?
Lo si fa in silenzio.
Serbando il suo ricordo nel cuore per sempre.

Questa - per me - è Arte.
Il resto è marketing. 
Ed è destinato a morire così come è nato: in tutta fretta, senza lasciare alcuna traccia di sè.

Francesca





2 commenti:

  1. Ho una figlia di 11 anni, che studia violino da quattro, dice il maestro con ottime capacità per l'età, con una passione non smisurata, ma di certo non con noia...è una bambina, con una vivacità folle che traspare da tutto ciò che fa, e che a detta di chi la segue è una carta vincente per applicarsi allo studio di uno strumento....
    Si pensa di vedere come andranno le cose in questi 3 anni di scuola media per poi valutare l'iscrizione al Conservatorio.
    Ebbene, leggere le tue parole mi procura perplessità che non avevo e getta un'ombra profonda sul mondo della musica, che, da profano, credevo sano e immune da certi vizi di altri campi e discipline della cultura e del mondo del lavoro....ho sempre pensato che il bello del mondo della musica fosse il fatto che si riesce per ciò che si sa fare, che le soddisfazioni vengono dalle proprie mani e dalla propria testa e che si può "arrivare" solo in virtù delle proprie capacità, del talento (parola grossa)...viviamo in un mondo in cui regnano i mediocri, che quasi sempre occupano posti di prestigio in virtù di raccomandazioni o "segnalazioni" che quasi mai corrispondono a capacità...un mondo del lavoro in cui la soddisfazione professionale è spesso inesistente, frustrata da un sistema che mette a tacere il merito.
    Vorrei un futuro per mia figlia in cui non dovesse subire tutto questo, ma essere gratificata e apprezzata solo e soltanto per ciò che saprà fare...e la musica mi è sempre sembrata il mondo più giusto per questo....mi son detto "chissà che il violino non sia la carta vincente per assicurarsi un futuro dignitoso e ricco di soddisfazioni".....
    Leggendoti la mia mente si popola di dubbi e si incrina un po' l'idea che avevo sul mondo della musica, quella che in qualche modo dovesse andare a braccetto con l'arte....
    Apprezzo molto quello che hai scritto con coraggio, ti ammiro e ti ringrazio.
    Paolo

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  2. Caro Paolo,
    prima di tutto grazie per il tuo intervento.
    In seconda analisi, l'unica cosa che mi sento di dirti di tutto cuore è la seguente: la musica ha cambiato la mia vita.
    Intendo l'Arte, non chi la circonda o ne fa parte.
    Se tua figlia desidera suonare perchè questo le dà gioia, tu dovresti lasciarla fare, mettendo da parte i commenti superflui di chi dice che è "una carta vincente". Di chi, insomma, la vede solo come un fenomeno da baraccone e non ne rispetta le qualità umane, le doti intellettive e la capacità di comunicazione.
    Avere un talento artistico è un dono, un dono fatto dal Cosmo per ragioni spesso a noi stessi sconosciute. Un dono che va rispettato, coltivato e celebrato.
    La musica è per me un modo di comunicare l'incomunicabile. Non potrei mai consigliare di privare tua figlia di questa immensa possibilità, di un simile prodigioso regalo.
    Cosa vorrà fare della sua vita lo saprà lei al momento opportuno.
    Ma non considerare un violino come un'alternativa ad uno studio medico o d'avvocato.
    Essere Artisti - con la A maiuscola - è un po' come essere dei monaci missionari. E' una strada difficile. Ma è una strada dalla quale - una volta intrapresa con serietà e consapevolezza anche un po' folle - nessuno vorrebbe fare mai ritorno.
    Perchè dà un senso profondo al tuo essere vivo, al tuo essere Uomo.
    Io - senza la musica - non sarei stata ciò che sono ora.
    Magari sarei stata qualcun altro, nè peggio nè meglio.
    Ma non sarei stata io.
    Spero di esserti stata utile!
    Un grande abbraccio.

    Francesca

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