sabato 22 febbraio 2014

Oboe d'amore




DEDICATO A FRANCESCO

A volte la vita sa metterci davvero a dura prova.
Veniamo traditi da coloro in cui riponevamo la fiducia più cieca, scopriamo di essere stati ingannati - magari per anni - e di aver vissuto di fatto una esistenza fittizia accanto a persone che non conoscevamo affatto e spesso di ciò - beffa delle beffe - non possiamo che lamentarci con noi stessi, con la nostra incapacità di vedere la verità al di là del velo di Maya, magari per pigrizia, magari per sofferenza, magari per abitudine.
Quando però tale verità non può più essere nascosta ai nostri occhi e ci colpisce in faccia con tutto il suo livido fetore noi rimaniamo storditi, paralizzati, incapaci di proferir parola, di muovere anche solo un singolo passo in una qualunque direzione.
Si diventa statue innanzi alla verità, come se si fosse stati colpiti dallo sguardo di Medusa.
E come statue si osserva il mondo esterno che vorticosamente continua a muoversi intorno a noi, con nostro sommo stupore. 
Il silenzio assordante del dolore interiore stride con il rumore spesso fuori luogo della società "civile", che di civile - ahimè - non conserva più molto se non l'apparenza.
Tuttavia è da tempo ormai che ho smesso di considerare tali avvenimenti come una rovina.
In effetti li vivo più come un'opportunità.
Il dolore purifica, brucia le scorie inutili di un sistema di pensiero che non ci serve.
Ci vuole coraggio per sentire il dolore.
Solo i pavidi e i narcisisti preferiscono glissare sulla percezione del dolore per diventare - consapevolmente o meno - qualcosa di disumano, di atrocemente super partes.
Vorrei avere parole di coraggio e speranza da indirizzare a coloro che soffrono in questo momento.
Ma sarebbe facile e discutibilmente ipocrita.
Arrivare alla verità richiede sacrificio.
E spesso ciò che si deve sacrificare è proprio la parte più segreta e intima di noi stessi.
Non in senso fisico ovviamente - chè lo stoicismo proprio non è una corrente filosofica da me apprezzata.
Noi stessi intesi come modo di vedere, di pensare, di credere.
E' il simbolismo della morte e Resurrezione del Cristo: morire e risorgere nella carne non ha alcun valore per l'evoluzione dell'uomo. E' solo una magia da stregoni di quart'ordine, che non porta alcun vantaggio esistenziale.
Ma morire a livello animico e Risorgere con un nuovo modo di vedere, di sentire, di pensare cambia la prospettiva della vita, financo la concezione, la definizione della vita stessa.
E' un sacrificio voluto, desiderato, ponderato e metabolizzato per un fine, per uno scopo superiore.
Se si hanno la forza e la determinazione di rivolgersi alla parte divina che giace spesso dimenticata in ciascuno di noi e si fa appello alla sua capacità innata di trasformare il piombo in oro si avranno delle chances di uscire dalla crisalide e di divenire farfalle.

Per volare chissà dove nello sconfinato cielo delle possibilità cosmiche.

Nathaniel


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