Stasera per scrivere questo post avrei avuto bisogno della collaborazione della cara amica nonché valente blogger Carla Di Toro: mi mancano - in particolar modo in queste ore - la sua grinta e la sua ironia, qualità senza le quali ciò che andrò a dire non avrà la medesima efficacia.
In ogni caso mi proverò, come si suol dire.
Parliamo di ipocrisia?
Parliamone.
Ebbene...
In questi giorni più che mai ho avuto definitiva conferma che il popolo italiano si palesa come il popolo più gretto d'Europa, se non del mondo.
Sono pressoché certa infatti che in Papua Nuova Guinea possano vantare la presenza di menti più aperte, evolute e sofisticate delle nostre.
Poco mi importa - qui ed ora - indicare (o cercare) i colpevoli di una simile situazione di sciatteria animica ed esistenziale. Ognuno si faccia i suoi conti e trovi da sé il presunto "assassino", come in una classica partita di Cluedo.
Ciò che mi importa davvero è analizzare cosa questa grettezza di pensiero comporti, dove conduca e quali prezzi intere generazioni che si susseguono l'una all'altra sono costrette a pagare in suo nome.
Il tutto può essere risolto in una singola parola: gabbia.
Il mondo di oggi è una gabbia, una invisibile estesa gabbia in cui noi - topi da laboratorio - ci dibattiamo per avere la nostra razione di formaggio quotidiano.
Citiamo Matrix ancora una volta?
"Come tutti gli altri sei nato in catene. Sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha muri, che non ha odore. Una prigione, per la tua mente."
Signor Morpheus, BINGO!!!
Per Lei 100 milioni di dollari e una Cadillac rosa del 1974.
Ma in fondo a me che cosa mai dovrebbe importare?
Domani vado a parlare con la foresta di Pagazzano.
Forse incontrerò un fantasma, sperando che mi usi la cortesia di annunciarsi con cautela onde evitare di farmi venire un infarto del miocardio.
Di sicuro consumerò il mio pranzo seduta a tavola in silenzio dopo aver raccolto foglie per tutta la mattina. Magari suonerò la Ciaccona davanti ad una stufa a legna.
E potrò contemplare le stelle la notte come in un quadro di Van Gogh. In silenzio.
Magari aspettando la visita di qualche scoiattolo o cerbiatto che abbia voglia di restare un po' in mia compagnia.
Ultimamente preferisco gli animali agli umani: parlano meno ma quando ti guardano sai perfettamente cosa sentono. E capisci che - di rimando - loro sentono te.
Di questi tempi non è una consolazione da poco.
Francesca