martedì 23 luglio 2013

C'era una volta



Si imparano un sacco di cose tagliando le carote a julienne.
Cose su se stessi che si credevano dimenticate, archiviate, metabolizzate.
Ma le carote riservano un sacco di sorprese.
Il passato a volte ci coglie impreparati, come un temporale d'estate.
E tu non puoi far nulla per sfuggirgli.
Non ci sono ponti sotto cui rifugiarti, nè passanti a cui chiedere un fuggevole passaggio.
Ci sei solo tu, senza ombrello, in mezzo ad un campo di grano cresciuto e non mietuto, munita solo dell'impossibilità di correre, di salvarti.
Devi arrenderti alla pioggia, alla maglia madida di gocce che ti si appiccica addosso, all'orizzonte senza alberi.
Devi solo aspettare che l'uragano passi. Non ci sono alternative.
E prima o dopo passa.
Anche se non ne puoi avere matematica certezza.
E' l'esperienza che ti dà quella certezza, il fatto di essere già passata attraverso altri temporali, aver visto altri fulmini schiantarsi in altri tempi, in altri luoghi. 
Tu hai invocato la morte - a volte - e la morte ti ha fuggita, quale ospite indesiderabile.
Ci si deve arrendere anche a questo, all'assenza di predeterminazione, di futuro.
Puoi solo decidere di stare. Di accettare. Incondizionatamente.
Fossero pioggia, tuoni, mandrie di accecanti ricordi.
Si può solo restare immobili e accogliere il silenzio che dall'Anima grida come un ossesso rinchiuso in una camera di sicurezza.
All'inizio lo si accoglie con astio, con rancore, con nebulosa diffidenza.
Poi - stanchi persino di se stessi e del proprio autocompatimento - si inizia ad accoglierlo con un sentimento nuovo, che sa di papaveri e di viole del pensiero. 
E di nuovo - come per una magia proiettata su uno schermo invisibile ancora e ancora - anche la stanchezza si affievolisce.
E sorge un'Aurora nuova. Un'Aurora fatta di straccetti di pollo al limone e di panni stesi ad asciugare all'ombra di una siepe appena tagliata.
La vista umana merita sì il premio dei vinti ma non la violenza degli ignavi.
Ci si siede allora a sorseggiare un vino che ha sapor di festa, anche se in quel mentre la festa e i suoi clangori sono lontani.

Non ho reclami da fare al destino.
Nè agli esseri umani che di quel destino sono stati complici, seppur ignari nella maggior parte dei casi.
Ho solo un ringraziamento muto da rivolgere al tramonto montano e il Cuore gonfio di un Haydn che non ha favella ma che - se potesse parlare - mi rivolgerebbe un saluto amico e semplice, come una ciambella appena uscita dal forno.
Le carote sono ancora lì, tagliate a dovere.
Ed io mi compiaccio del loro colore, di un sapore che non assaggerò ma che andrà comunque a beneficio dell'Umanità.

Vivere per me è accogliere Esseri di un altro mondo, siano essi frutto del mio bisogno oppure reali quanto braccia che ti stringono in silenzio - di notte - per farti sentire meno sola.

Nathaniel


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