Si può piangere mentre si mescolano uova, noce moscata e ricotta per preparare una torta salata alle zucchine?
Citando Balzac, "Splendori e miserie di una cuoca a cottimo".
Certo, il caldo del forno in questa stagione non aiuta.
La stanchezza ormai atavica nemmeno.
Per non parlare se ci si mette anche "Nothing else matters" dei Metallica, versione con la London Symphony.
E' inutile.
Il Bene non scompare ma permane.
Quello vero, almeno.
Ma non per tutti è così.
Lo so.
Meglio spogliarsi e andare a fare una doccia.
Chissà che l'acqua non porti via anche i miei brutti pensieri oltre a fogli stinti e stracciati...
Francesca
NOTHING ELSE MATTERS - Metallica -
So close no matter how far
Couldn't be much more from the heart
Forever trust in who we are
And nothing else matters
Never opened myself this way
Life is ours, we live it our way
All these words I don't just say
And nothing else matters
Trust I seek and I find in you
Every day for us something new
Open mind for a different view
And nothing else matters
Never care for what they do
Never care for what they know
But I know
So close no matter how far
Couldn't be much more from the heart
Forever trust in who we are
And nothing else matters
Never care for what they do
Never care for what they know
But I know
Never opened myself this way
Life is ours, we live it our way
All these words I don't just say
And nothing else matters
Trust I seek and I find in you
Every day for us something new
Open mind for a different view
And nothing else matters
Never care for what they say
Never care for games they play
Never care for what they do
Never care for what they know
And I know
So close no matter how far
Couldn't be much more from the heart
Forever trust in who we are
No, nothing else matters
NIENT'ALTRO HA IMPORTANZA
Così vicino non importa quanto lontano
Non può essere troppo lontano dal cuore
Abbi sempre fiducia in chi siamo
E nient'altro ha importanza
Non mi sono mai aperto così
La vita è nostra, e la viviamo a modo nostro
Tutte queste parole che non dico
E nient'altro ha importanza
Cerco fiducia e la trovo in te
Ogni giorno per noi qualcosa di nuovo
Apri la mente ad un nuovo punto di vista
E nient'altro ha importanza
Fregatene di ciò che fanno
Fregatene di ciò che sanno
Ma io lo so
Così vicino non importa quanto lontano
Non può essere troppo lontano dal cuore
Abbi sempre fiducia in chi siamo
E nient'altro ha importanza
Fregatene di ciò che fanno
Fregatene di ciò che sanno
Ma io lo so
Non mi sono mai aperto così
La vita è nostra, e la viviamo a modo nostro
Tutte queste parole che non dico
E nient'altro ha importanza
Cerco fiducia e la trovo in te
Ogni giorno per noi qualcosa di nuovo
Apri la mente ad un nuovo punto di vista
E nient'altro ha importanza
Fregatene di ciò che dicono
Fregatene dei loro giochetti
Fregatene di ciò che fanno
Fregatene di ciò che sanno
E io lo so
Così vicino non importa quanto lontano
Non può essere troppo lontano dal cuore
Abbi sempre fiducia in chi siamo
No, nient'altro ha importanza
Due settimane or sono comprai una sorta di diario per un amico.
E cominciai a riempirlo di stralci di opere a me care - poesie, diari, romanzi - letti nel corso degli anni e che avevano in qualche modo segnato il mio Tempo e il mio Destino.
Inserii persino interi brani da film o frasi celebri di cartoni animati come il motto di Sailor Moon o del Daitarn III che partecipavano della mia anima più fanciullesca ma che non per questo erano meno veri.
Il tutto coadiuvato da immagini cercate sul web e poi stampate che avevano funzione di parentesi silenziose, dalla poetica bellezza delle incisioni del Dorè per la Divina Commedia alla spavalderia di Lady Oscar in sella al suo bianco destriero.
Ci lavorai per giorni, 4 o 5 ore al giorno, felice.
Felice di quello che avrei condiviso, felice di quello che avrei donato, felice di cosa forse avrei suscitato.
Una sola altra volta mi era capitato di "partorire" un progetto simile.
E non era andata molto bene. Alla fine il destinatario aveva preferito navigare piratescamente verso altri lidi e l'oggetto in questione era rimasto nelle mie mani.
Probabilmente ancora è conservato in qualche misterioso pertugio della mia mansarda torinese.
Questa volta però è andata anche peggio.
Chi può immaginare quale oceanico trasporto muova l'animo di chi si accinge ad un simile lavoro?
E' come raccogliere pezzi della propria vita passata e racchiuderli in una scatola a totale beneficio dell'altro, senza nulla chiedere in cambio se non un minimo ricoscimento del proprio esistere.
Quale immensa, grandiosa fiducia è necessaria per compiere un simile gesto?
Straordinaria, sì, lo ammetto. Quasi folle.
Tuttavia voler Bene a qualcuno in questo mondo è da folli ormai;
dunque, mi chiedevo, perchè spaventarsi tanto?
Ma a metà dell'opera cominciarono i guai.
Tra incomprensioni, silenzi e allontanamenti confusi iniziavo a chiedermi perchè stessi continuando quella fatica. Ore ed ore di trascrizioni a mano quotidiane di poesie di Prevert e Goethe e di Anna Achmatova e Alda Merini; dei diari di Van Gogh; della Lettera al Padre di Kafka; e di - immodestamente forse - anche qualche mia poesia.
Nonchè confessioni. Oh sì, a matita, tra un "Adamo ed Eva" di Klimt e "L'investitura" di Leighton, avevo dato libero sfogo ai miei dubbi, a notte fonda, di ritorno dal lavoro. Perchè lui sapesse. Perchè lui leggesse da me la fiducia che - nonostante tutto - continuavo a nutrire. Perchè si rendesse conto che tutti pagano un prezzo per aprirsi verso l'altro.
E che tutti, proprio tutti, hanno paura.
Quando le incomprensioni divennero maggiori cominciai a nutrire la sorda tentazione di distruggere il libretto.
Lo scrissi fra quelle pagine, tremando, come si fa con un sospetto, con un oscuro presagio.
E mi servì. Mi aiutò a portare avanti il mio proposito. Almeno per qualche tempo.
E anche se ogni volta che posavo gli occhi sulla rigida copertina arabescata un coltello affondava nel mio petto, beh, malgrado ciò resistevo, in nome della mia fiducia, della mia speranza.
Ieri sera però tutto è cambiato, di colpo.
Un messaggio, una parola di troppo, una non detta.
E l'indifferenza, quella atroce costante agonia che ti lascia in balìa del nulla senza neppure un appiglio su cui poter continuare a vivere, infine ha vinto.
Così mi sono arresa al suo diniego e al mio istinto di sopravvivenza e ho fatto a pezzi il libretto.
Con metodica pazienza.
Prima ho divelto le pagine dalla copertina. E poi ho ridotto ogni singolo foglio a brandelli.
Un coriandolo d'anima steso su ogni mio silenzio.
Ma non bastava. No, non sarebbe mai bastato.
Non potevo semplicemente disfarmene.
C'era bisogno di un gesto riparatore per me, un gesto salvifico che mi emendasse dalla colpa di esser caduta nuovamente nel tranello illusorio dell'affetto al pari di una sciocca educanda d'ottocentesca memoria.
Così sono tornata a casa e appena rientrata a mezzanotte circa mi sono diretta in bagno.
Con il vestito da concerto ancora indosso e i piedi scalzi ho iniziato a gettare quei miseri resti nell'acqua; e così poco alla volta sono spariti, diretti verso il nulla, umidi e scoloriti, con l'inchiostro via via sempre più illeggibile.
Ed i miei occhi per tutto il tempo non hanno versato neppure una singola lacrima.
Ero libera. Forse con un pezzo in meno, ma libera.
Ed oggi lo sono ancora.
Ciò che resta dopo tanta mutilazione è solo un misero involucro di cartoncino arabescato, che troneggia come un re tronfio e beffardo sull'armadio davanti alla porta di casa, vuoto.
Forse un giorno butterò anche quello.
Anche se in verità non ha più grande importanza.
Francesca
PS: Scrivo qui di seguito una delle tante poesie che avevo inserito all'interno
del famigerato libretto.
La composi in treno tra Bologna e Torino nel 2003, in un giorno di rapida felicità.
Ho scelto questa in particolare non per il suo contenuto ma perchè mi è molto cara
e rappresenta al meglio il mio cuore segreto.
Da quando sono al mondo non c'è nulla che - nei momenti difficili - mi consoli di più in tutto il creato che guardare un bel cartone animato della Disney old style.
Quello e un bel bignè alla crema.
Dedico quindi la Maratonda di Alice a tutti coloro che - come me - ogni tanto sentono di affogare ma non per questo smettono di "girare"!!!
E se avete anche un bignè dalla vostra...
Oggi avete decisamente fatto bingo!
Le Luci non si spengono.
Mutano solo direzione.
Cessano di irradiare un soggetto per rivolgersi altrove.
Le Luci non tradiscono.
Sono tradite.
E di conseguenza agiscono, come un girasole sorpreso da una eclisse.
Le Luci non sgomentano.
Sono costanti e docili.
Pur nel loro svanire.
Prevedibile è ogni loro mossa,
perchè nulla nascondono od omettono.
Le Luci non si pentono.
Nè nel Bene nè in Sua assenza.
Le Luci non tornano mai indietro.
Mai.
Perchè dovrebbero?
Un cieco potrebbe forse da un giorno all'altro
tornare a vedere senza aiuto?
Una Luce deve andare dove qualcuno la possa guardare,
utilizzare ed amare senza paura.
Le Luci sono fragili e forti,
come l'Universo che creano e da cui provengono.
Sono Dee per un giorno.
E umane tutta la vita.
Eppur continuano a splendere,
anche quando nessuno vuol più aprire gli occhi
per vedere.
Nell'assenza non c'è Amore, solo assenza.
C'è freddo, solitudine, distacco, incomprensibilità.
Non c'è Amore.
Solo tramite la malata grammatica della Negazione si trova nell'assenza
la sublime presenza della persona desiderata.
La si vede attraverso il sogno e tramite il proprio inconscio traslato,
muto e sordo a se stesso.
Ma la Verità è altrove.
E sta nella Libertà di essere senza impedimento alcuno.
E di far essere senza dolore.
No, decisamente nell'assenza non c'è Amore.
L'Amore è Libertà.
Francesca
Grazie, sempre grazie Sig. G. Cosa mai farei senza di te?
Il dolore è democratico.
Ti coglie mentre piegata in due lucidi il parquet il sabato mattina.
E ti sorprende a bordo piscina mentre sorseggi un cocktail alla frutta.
Facce identiche di medaglie tanto differenti.
All'interno di tale logica più l'esperienza umana mi coglie e più non posso far a meno di accorgermi come la fonte di ogni possibile dolore o delusione sia stata io medesima, i miei errori di valutazione, la cecità che si accompagna all'illusione di trasformare una rapa in una rosa.
Non ci sono margini nella nostra vita terrena per contemplare il sole riscaldare la notte.
Non ci sono margini certi entro cui muoversi in sicurezza quando si affronta un ostacolo che è irrimovibile, se non attraverso il superamento dello stesso su piani diversi da quelli abituali, scivolando dunque verso strati di una realtà che a volte percepiamo debolmente attraverso il sogno e che così poco ha a che fare con la nostra esistenza quotidiana.
Ci vuole coraggio per affermare di fronte al proprio Io cosciente che la materia in cui ciascuno di noi è immerso non rappresenta se non il primo strato di una cipolla dalle incalcolabili sub-superfici. Per giungere al nucleo è dunque necessario pazientemente sfogliare la realtà, di anno in anno, togliendosi di dosso pesi inutili e dogmi sapientemente inculcati che impediscono di percepire la Verità celata là dove i sensi abituali non riescono ad arrivare.
Unico sistema per velocizzare simile processo è quello di essere sorpresi dal dolore: la sofferenza umana infatti - quando lascia senza respiro, senza volontà, senza più nemmeno occhi per osservare la propria identità - si muove al pari di una lama che, con destrezza e incalcolabile tormento, taglia la cipolla a metà e - se tale sofferenza dovesse ripetersi - ancora a metà, e ancora, ancora....
In simili casi ci si ritroverà a sfogliare la cipolla dall'interno verso l'esterno per riappropriarsi del comune senso del reale, dopo aver recuperato come in un notturno puzzle tutti gli infinitesimali pezzi di cui si compone la cipolla e averli incollati assieme.
L'ortaggio sarà infine ricomposto a seguito di un incalcolabile sforzo di volontà. Tuttavia non apparirà mai più integro.
A prima vista questo potrebbe sembrare uno svantaggio. In realtà comporterà un indicibile beneficio: già solo osservando la cipolla dall'esterno si avrà percezione della sua storia, che è poi simbolo del nostro stesso essere umani, disgiunti l'uno dall'altro eppure legati insieme indissolubilmente, parti indispensabili di un Universo che sorride innanzi alla nostra sopravanzata consapevolezza.
Infine, qualunque sarà il vostro movimento - centrifugo o centripeto - ricordate sempre che le lacrime che vi accompagneranno saranno solo preludio ad un magnifico, profumato e indimenticabile risotto.
"Se migliaia e migliaia di persone sono abbandonate a se stesse nelle loro vite monotone, incatenate alle loro disgrazie, diventeranno come un sol uomo, e voi tutti vi schiererete di fronte come un altro uomo, e in mezzo si stenderà un cupo, invalicabile deserto fino a che - per molto o poco tempo - durerà tanto dolore. (...)
E soprattutto considerarli solo come braccia che lavorano e producono, trattarli come se sono soltanto delle macchine o i numeri di una somma, privi di affetti e di predilezioni, privi di ricordi e di sentimenti, privi di un animo che accoglie dolori e speranze - trattandoli, quando le cose vanno bene, come se non hanno nulla dentro di sè, e, quando le cose vanno male, accusandoli perchè nei rapporti con voi non dimostrano nè comprensione nè sentimenti umani - tutto questo non servirà a niente, signore, fino a che l'opera stessa di Dio non crollerà."
Dedicato a chi vorrebbe ricevere una dedica simile.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che tu venga all'ospedale o in prigione
nei tuoi occhi porti sempre il sole.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
questa fine di maggio, dalle parti d'Antalya,
sono così, le spighe, di primo mattino;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
quante volte hanno pianto davanti a me
son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,
nudi e immensi come gli occhi di un bimbo
ma non un giorno ha perso il loro sole;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che s'illanguidiscono un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
così sono d'autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà giorno, mia rosa, verrà giorno
che gli uomini si guarderanno l'un l'altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi.
Vi è mai capitato di interrogarvi sul pensiero altrui nei vostri riguardi?
Star lì giornate intere cercando di immaginare cosa il mondo esterno - che nulla sa o comprende di voi - pensi della vostra persona, su come apparite agli occhi della gente o quale sia l'opinione sommaria comune sul vostro conto?
Oggi è uno di quei giorni.
Complice le dichiarazioni di un amico su alcune fotografie scattate ad insaputa del soggetto immortalato.
La mia "saggezza" (o presunta tale) dovrebbe far nascere in me l'immediata reazione vittoriana che nobilmente recita: "Ma che te frega?"
E in verità so bene che questo sarebbe il modo più sensato di risolvere la questione.
Eppure quante volte avreste desiderato essere invisibili per poter liberamente ascoltare le parole degli "amici" sul vostro conto? Eh sì, perchè se dai nemici ci si può aspettare ogni cosa senza troppo stupore, in realtà spesso le villanie peggiori vengono partorite proprio da quelli che siamo portati a considerare "amici", incautamente forse, o probabilmente spinti da quel residuato di fiducia nel genere umano che ancora ci trattiene dallo sprofondare nell'abisso del cinismo senza frontiere.
E se - tramutati in piccoli insetti - scoprissimo che l'ospite che è stato a cena da noi la sera prima gira per il mondo partorendo con conoscenti e colleghi frasi del tipo: " Quella? Ma è una zoccola invalida!"; oppure: "Mai vista un'incapace raccomandata del genere in vita mia!"; o ancora "Mio Dio! La sua casa era un orrore. Ma lei è troppo lunatica: se glielo dicessi mi sbranerebbe! Sai, te lo dico in confidenza: va dallo psicologo...".
Sinceramente voi che fareste?
Io proprio non lo so.
Per fortuna non mi è ancora dato trasformarmi in nessun altro essere vivente o non, per cui questo dubbio non verrà mai sciolto. Almeno non a breve.
Altra fortuna non da poco: le persone che varcano la soglia della mia abitazione sono davvero pochissime, si contano sulle dita di una singola mano.
Il che restringe enormemente il campo delle possibilità di maldicenze a mio danno.
Tuttavia per esperienza personale so bene che - come recita Don Basilio - la "calunnia è un venticello" ed è davvero facile, veloce e senza troppi incomodi che voci false e prive di fondamento possano trovare credito presso menti facilmente manipolabili.
Si potrebbe crederlo? Anni fa venivo accusata di tenere in casa un punteruolo modello "Basic Instinct"!
Certo, chi mi conosce bene e a fondo si sganascia dalle risate alla sola idea ma all'epoca soffersi come un cane per questo vile pregiudizio: una volta intrappolati in una simile ragnatela di bugie dimostrare la propria estraneità ai fatti è tutto fuorchè semplice.
Credetemi sulla parola!
Chi ha subito sorte simile alla mia sa bene di cosa parlo.
Quindi in verità da quel momento (era il lontano 1997) ho smesso di tenere in gran conto l'opinione del mondo nei miei riguardi.
Tuttavia si sa... La curiosità è femmina!
Ma prima o poi riuscirò in qualche particolare incantesimo e avrò così modo di posarmi sulla spalla dell'incauto calunniatore che - inevitabilmente - passerà in seguito un bruttissimo quarto d'ora!!!
E - per rispondere a tono al "caro" Don Basilio - altro che terremoto...
Ecco la mia versione del cheesecake gustata l'altra sera. La foto è autentica, assolutamente non ritoccata!
E questa, miei cari goduriosi amici dell'etere, è la ricetta per chi fra voi volesse rifarla a casa per il proprio compagno, per un'amica o per il proprio semplice infinito piacere:
INGREDIENTI PER 4 PERSONE :
- 2 cestini di mirtilli (io ho usato le fragole)
- 250 gr di mascarpone (in questa versione ho utilizzato lo yogurt greco, intero mi raccomando! Nessuna versione "dimagrante" al 2% di grassi!!!)
- 150 gr di biscotti tipo petit-beurre (per chi ha problemi di celiachia, usate i biscotti senza glutine tipo macine marca Hoops... Buonissimi!)
- 1 limone
- 3 uova (biologiche sarebbe preferibile, ossia di galline allevate a terra. E' facile riconoscerle: il marchio numerico sull'uovo inizia per 0. Ringrazio Virginia per la dritta sulle uova!)
- 1/2 cucchiaino scarso di cannella in polvere
- 10 cl di panna liquida
- 80 gr di burro ammorbidito (più un po' per lo stampo)
- 110 gr di zucchero
- 1 bustina di zucchero vanigliato
- 2 pizzichi di sale
- tortiera da 22 cm di diametro. E' importante che non sia molto più larga altrimento lo strato di biscotto risulterà troppo sottile.
PREPARAZIONE :
Ponete i mirtilli lavati ed asciugati (o le fragole, o le banane, o le more) in una fondina e insaporiteli con 50 gr di zucchero. Lasciate macerare in frigo per almeno 30 minuti
Con il frullatore o il mattarello riducete in polvere 150 gr di biscotti, poi incorporateli in 80 gr di burro ammorbidito. Imburrate la tortiera. Stendetevi la pasta formando uno strato spesso, che farete aderire bene al fondo della tortiera premendo con le dita.
Rompete 3 uova in una terrina. Sbattetele un poco con la frusta, poi unitevi 60 gr di zucchero, 1 bustina di zucchero vanigliato, 250 gr di mascarpone (o yougurt), il succo di 1 limone, 10 cl di panna liquida, 1/2 cucchiaino di cannella in polvere e 2 pizzichi di sale. Mescolate fino ad ottenere un composto uniforme.
Portate il forno a 200 °C. Versate la crema nella tortiera e fate cuocere 20-25 minuti. A cottura ultimata ritirate la torta dal forno e lasciatela raffreddare, poi mettetela nel frigorifero per almeno 1 ora. Prima di servire coprite le fette con i mirtilli (o altra frutta) e, volendo, spolverizzate con un poco di zucchero.
E adesso non mi resta che augurarvi... BON APPETIT!!!!!!!!!
L'umore cambia a seconda del Vento ed io non posso che assecondarlo.
Le persone vanno e vengono ma ormai non raggiungono più alcuno scopo all'interno della mia vita.
Ciò che ho imparato resta tale, uguale a se stesso. Alcune asserzioni sono intramontabili.
E la fiducia decade, come gli isotopi radioattivi.
Freud direbbe che ho paragonato la fiducia alla radioattività.
In qualche modo gli darei ragione, se ne avessi modo, tempo ed intenzione.
Ma non è così.
Ciò che porta consolazione all'amarezza ormai costante è solo la Via del Sapere che si dipana maestosa e certa innanzi a me, una intramontabile fonte a cui abbeverarsi nei momenti di sconforto e stanchezza.
Si può sempre investire su di sè senza doversi poi pentire.
Cosa sono i sorrisi degli uomini se non un vago simulacro in cui vediamo riflesso per un istante l'orizzonte di Dio?
Ma è un momento solo, abbacinante e subito spento, consunto dai lacci della nostra fallace mortalità.
L'illusione, quella vera, s'incarna nel confondere le proprie buone intenzioni con quelle altrui, scomponendo il ritmo dei pensieri in un torbido fraseggio dal respiro ampio ma dal contrappunto errato.
Ci si commuove per un errore di valutazione, per la bellezza melliflua di un'equazione complessa perchè irrisolvibile.
La semplicità invece non è mai doppia, non è soggetta a fraintendimenti, non ha pieghe nascoste in cui annaspano passato e futuro confondendosi in un'unica matassa aggrovigliata e fraudolenta.
Mi piego come un giunco alle necessità del Tempo che mi desidera solinga, inquieta e forte.
Costa dolore. Perchè si paga sempre un prezzo per ascendere il monte del proprio Destino.
Oggi quel prezzo è alto, quasi indicibile, senza confini, liquido come lava infuocata.
Erode la pelle ed i pensieri, spezza le reni lasciandomi inerte ai margini della strada.
Eppure riesco ancora a respirare.
Uno e due.
Inspirare ed espirare.
Il dolore c'è, si sente, è quasi palpabile.
Ma contando e aspettando parrà ogni secondo più lieve.
Non sono abituata, e chi mi segue lo sa, a citare - se non di rado - articoli scritti da altre persone.
Ma credo che questa volta ne valga davvero la pena.
Perchè è giunta l'ora che tutti inizino a chiedersi cosa sia reale e cosa sia pubblicità, prima che la nostra vita diventi in toto solo il pallido riflesso dell'altrui volontà.
Orwell aveva poi torto?
Sta a noi assumerci la responsabilità dell'esistenza. Senza più scuse o retorica.
Abbiamo una sola vita per rendere giustizia alla Verità.
Siamo davvero sicuri di volerla sprecare?
Buona lettura! E complimenti di cuore a Massimo Nunzi per la splendida analisi.
Oggi è decisamente la giornata della depressione cosmica.
Al lavoro ho assistito ad una scena che mi ha rovinato non solo l'umore (sarebbe stata poca cosa) ma incrinato quel poco di fiducia che ancora conservavo nella specie umana.
Sì, se dipendesse da me decidere del fato dell'umanità per non so quale scherzo del destino beh, di certo il mondo dovrebbe cominciare a preoccuparsi.
L'ipocrisia è giunta al parossismo, il disvalore è ormai assurto a sistema e l'oltraggio continuo nei riguardi delle donne proposto come sport nazionale.
E' facile giudicare una donna per la sua vita sessuale col vecchio metodo del santa-puttana e poi trovandosela davanti sfoderare sorrisi e complimenti. Andiamo nello spazio e siamo eticamente fermi a metà ottocento. Forse prima.
Alcuni mi consiglierebbero di metterci una pietra sopra, altri di rassegnarmi, altri ancora di fregarmene.
Io invece ci piango "sopra", per ore ed ore, perchè la barbarie dell'uomo mi ferisce, perchè la sozzura animalesca in cui annaspano certe vite imbratta la mia stessa esistenza, perchè non posso reggere la vista di queste miserie senza provarne un intimo dolore. E infine perchè una tale scena intiepidisce il mio cuore nei confronti degli amici, inoculando il morbo del dubbio che mi fa meditare: "E se anche tizio o caio in cui io ripongo tanta fiducia e a cui regalo ogni pensiero di bene in mia assenza facessero lo stesso?"
In un simile gesto meschino e fuggevole è racchiuso il fallimento di una intera specie, senza compromesso alcuno.
Non ho consigli da dare a me stessa in simili frangenti.
Se non quello di riossigenarmi tramite l'abbraccio confortante dell'uomo che amo e che mi ama, preparando polpette, insalata di patate e cheesecake ai lamponi per cena.
Altro da dir non so.
Se non che la bassezza umana è decisamente responsabile dei miei chili di troppo!
Come si può scavare a ritroso nel proprio passato generazionale?
Come si riesce a farsi strada tra i sogni e i ricordi di ere ormai perdute nella memoria che tuttavia restano incise nel DNA e nella coscienza come fantasmi pallidi e fragili, dalla voce ancor possente?
Mille sono le Vie attraverso cui mi perdo, nella notte dei tempi, tra stirpi francesi, carolinge, su su fin arrivare all'Egitto e ai suoi misteri.
Le risposte che cerco sono più pericolose delle domande che pongo.
Tuttavia, pericolose per chi?
Per quale fato o destino, per quale manifestazione della Luce che irradia i suoi bagliori in un modo che talvolta a noi pare maldestro eppure a distanza di tempo siamo sempre costretti a riconsiderarlo sensato?
Sono smarrita nella foresta della storia.
Vorrei che una mano amica mi tendesse una corda ove trovare simboli e nomi di una dinastia a cui so di appartenere.
Ma davvero si desidera la Sapienza?
Una volta ottenuta, non si torna indietro.
Ma sì, non sarò mai pronta come ora ad accogliere le vestigia del passato per trasformarle in futuro.
Ognuno di noi è esattamente ciò che desidera essere, nel momento in cui è chiamato ad esserlo.
Francesca
PS: Non perdetevi per nulla al mondo i quadri di Dante Gabriele Rossetti esposti alla Galleria d'Arte Moderna a Roma fino al 12 giugno. Li ho amati sulla carta per anni e vederli dal vivo è stato... Indescrivibile! In particolar modo la Proserpina.... Grazie, o mio fato gentile!
PS2: "Udjat" significa "Occhio di Ra" ed è il simbolo della prosperità, della regalità e della buona salute.