lunedì 16 dicembre 2013

Solcando i 7 mari



Non so esattamente come dovrei sentirmi oggi.
La nebbia ha invaso la montagna di fronte alle mie finestre.
E così ha fatto col mio cuore.
Mi sento opaca, come un bicchiere finito troppe volte in una lavastoviglie senza brillantante.
Consumo avidamente una Chesterfield dopo l'altra.
Di ciò la mia dottoressa sarebbe fiera, ne sono più che sicura.
E con lei il mio buco coronale.

La solitudine mi ha invasa.
Saranno le luci degli alberi natalizi che filtrano dalle finestre delle case vicine, sarà la nebbia, sarà l'assenza che pesa, sarà il dovere continuo all'integrazione di notizie ed eventi non sempre facili da digerire, sarà questo perenne sentirsi spaccati in due che rende il sapore del caffè amaro al mattino, per quanto zucchero ci si possa sciogliere dentro.
O forse sarà la ciclotimia che di tanto in tanto pretende la sua taglia, il suo giro di ruota, anche solo per fare uno sgambetto a colui che si era illuso di averla dimenticata.
Ed io non posso fare che accontentarla, passivamente, come si accontenta un vizioso che ormai è ben al di là di qualsiasi tentativo di redenzione.

Madame Bovary occhieggia dal comodino.
Lo strumento tace, anche se nella mia testa rimbomba il suo rimbrotto permaloso che istiga la coscienza al senso di colpa, al puntuto dovere.
Ma quanti doveri potrò mai assolvere in questa pallida giornata di dicembre?
Forse l'unico sensato sarebbe quello di tacere di fronte a tanta malinconia,  aspettando paziente che decida di levare le ancore come una nave dalle stive colme, un relitto ormai sazio di pretendere senza nulla dare in cambio.

Nathaniel


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