domenica 1 maggio 2011

L'alba del giorno dopo




Oggi è il 1° maggio.
Scrivo da una Roma assediata da forze dell'ordine, papa boys e aspiranti ascoltatori del concertone di Piazza San Giovanni.
Ovviamente sono chiusa in casa nè potrò muovermi da qui, onde evitare di rischiare la vita o quantomeno la salute mentale.
Ieri un amico mi ha detto che per recarsi IN MOTO dalla stazione Termini a Villa Carpegna alle 10 di sera ha impiegato circa 1 ora e 30.
Un tragitto che di solito richiederebbe una ventina di minuti scarsi.
Molti altri amici e conoscenti invece sono fuggiti già nel pomeriggio per non rischiare di essere intrappolati dall'invasione imminente. Altri ancora seguiranno il mio destino e faranno finta che oggi sia arrivata la fine del mondo, che l'aria all'esterno sia radioattiva e che l'unica possibilità di vita rimasta sia restare sigillati nelle proprie case come il tonno nella sua scatoletta.
En passant mi chiedo quanto giusto sia.
In fondo il 1° maggio è una festa che appartiene a tutti: perchè i romani non possono godere di questo privilegio? O perchè per goderne devono essere costretti all'esilio forzato?
Sembrerà retorico ma lo trovo profondamente antidemocratico.
Ci sono interi quartieri le cui circoscrizioni sono state chiuse al traffico. E se a uno qualsiasi di quei cittadini venisse voglia di andare a trovare un amico a Calcata per mangiarsi un gelato?
Non può. Roma oggi (e anche nei giorni passati) non è la sua citta e lui non è un libero cittadino.
E' uno schiavo della Repubblica e della chiesa che oggi autocelebrano i propri fasti che guardacaso puzzano di falsità da qualunque punto di vista li si guardi.
Certo gli albergatori romani staranno facendo gran festa.
Dubito però che domattina gli operatori ecologici saranno della medesima gaudiosa opinione.
A questi ultimi dedico la mia pur claustrofobica giornata.
Oggi non è forse la festa dei lavoratori?
Avrò ben il diritto di difendere almeno idealmente una categoria fra mille.

Francesca

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